Gabriele Zarotti

Tutti i dipendenti del Presidente.


Forse non ce ne siamo accorti. Probabilmente a molti di noi sta bene così. Ma consapevoli o no, che ci piaccia o meno, che lo ammettiamo o lo neghiamo, siamo tutti dipendenti di Mark Zuckerberg, presidente, amministratore delegato e padrone di una delle aziende più produttive del globo. E mentalmente dipendenti da Facebook, potrebbe aggiungere sornione lo psicanalista, pregustando gli affari prossimi venturi. Ma questo è uno dei tanti effetti collaterali di cui dovremo occuparci negli anni a venire.

Come dipendenti siamo divisi fondamentalmente in due categorie: i colletti blu, che producono - spesso inconsapevolmente - contatti e quindi opportunità di vendita di prodotti, servizi e dati, semplicemente postando pensieri, alcuni pigramente, altri a ritmo frenetico e compulsivo come se fossero pagati a cottimo. E poi ci sono i promotori, che fanno la stessa cosa, ma in modo più attivo, sistematico e mirato. Quasi agonistico. In pratica sono procacciatori di amici virtuali. Anime in pena, alla continua e spasmodica ricerca di target numerici e primati. Coloro che chiamiamo scherzosamente "collezionisti". In ogni caso, gli uni e gli altri, tutti ricompensati allo stesso modo: invece che in bitcoin, in bitamicizia, bitpost, bitlike e una certa bitlibertà d'espressione.

Ora, lungi da me inoltrarmi in pallosi discorsi socio-filosofici, tirando in ballo Marx, Weber, Durkheim e chi più ne ha. Preferisco parlare semplice e chiaro, in modo che chi vuole possa facilmente intendere. Né voglio criticare chi sente il desiderio, li bisogno, o l'irrefrenabile pulsione quotidiana di essere parte dell'impresa. Intendo solo contribuire a mettere a fuoco il ruolo che ognuno di noi occupa all'interno dell'azienda. Di questa in particolare, che oggi conta oltre due miliardi di dipendenti, e nel 2020 supererà la metà della popolazione mondiale. Perché credo nel principio che consenso e partecipazione debbano essere informati e consapevoli. Soprattutto adesso che le nuove regole di controllo interno di fb - spacciate per maggior tutela dei "lavoratori" - incombono su ognuno di noi in modo sempre più subdolo, invasivo della nostra privacy, e pervasivo delle nostre vite. Andando ben oltre i confini del social stesso.

Quindi, a chi in questo momento sta pensando: ma perché mai costui, invece di rompere le scatole, non si prende su e fa fagotto, rispondo che, come ingranaggio di questo meccanismo, e possibile vittima dei suoi effetti - a prescindere - mi sento in pieno diritto di criticare scelte, direttive, e abusi aziendali. Ricordando al padrone "illuminato" Zuckerberg che, senza il nostro contributo quotidiano, il padrone Zuckerberg non sarebbe chi è. Quindi che impari a pagare le imposte, cerchi di essere più trasparente, e la pianti di approfittarsi oltremisura delle debolezze umane. .

 

Toutes les droites appartiennent à son auteur Il a été publié sur e-Stories.org par la demande de Gabriele Zarotti.
Publié sur e-Stories.org sur 16.02.2018.

 
 

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