Mauro Montacchiesi

Vincenzo Russo

Vincenzo Russo

Poeta e Scrittore

 

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L’opera si articola in:

01) Vincenzo Russo Poeta

02) Che bello lavorare

03) Il Generale

04) Distrazioni di Massa

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Vincenzo Russo Poeta

Vincenzo dispone di un'energia vivace, vigorosa ed affascinante. E' pacifista, non violento, rispettoso paladino del prezioso dono della vita, come si evince da alcuni suoi versi:

Uomo per te stesso, uomo per gli altri,

destinatario unico del dono più prezioso,

gratuitamente concesso... la vita.

Non dico di donarla, ma neppure di sottrarla,

meritala, affrontala, ma soprattutto difendila.

(Tratto da: Una finestra sul mondo)

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La sua perspicacia quasi mai non nota o non considera i dettagli, anche i più apparentemente insignificanti. Vincenzo è alquanto discreto nei pareri e nelle valutazioni e si pronuncia solo se ciò gli viene apertamente sollecitato. La tenacia e la fermezza gli hanno consentito, e gli consentono, di sconfiggere molte avversità della vita. Vincenzo ha una personalità molto articolata, non semplice. Spesso è inquieto e può diventare ermetico, criptico. Dispone di un grande rigore logico frammisto ad un altrettanto grande istintività, che lo canalizzano verso i meandri dei più arcani enigmi dell'anima. Appena consegue le sue conquiste esistenziali, è già pronto per nuovi progetti, per nuove fortezze da espugnare, non disdegnando di variare repentinamente tattica, pur di giungere alla soluzione ottimale. Vincenzo, come un'araba fenice, ha una grande capacità di risorgere dalle ceneri di una dolorosa débâcle. L'energia motrice della sua vita è la fede in Cristo, che lo irriga di monolitica speranza:

Le fu chiesto.

L’Universo spense le stelle,

chinato il capo,

l'ultima goccia del Suo preziosissimo sangue,

s'impolverava,

irrigando il mondo di speranza e Santità.

(Tratto da: Il Profumo del Golgota)

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Se desidera una cosa, viene sospinto da un entusiasmo incoercibile e nulla gli si può opporre per raggiungere l'obiettivo. Figura venerabile nella sua vita, è la madre, che sempre lo aiuta a rialzarsi quando cade, come lui stesso recita:

Quann' è sera

s' appiccia 'na luce cchiù argiento d’’a luna,

'na lucella ca nun da fastidio.

Mammà.

Quanno po' me sceto,

'a lucella addiventa suspir’.

Mammà.

M' infilo 'e scarpe.

Vaco cammennann' pe’ strade d’ ‘o munno,

sicuro,

e se vac’ a faccia 'nterra,

essa m’ aiuta a sosere.

Mammà.

(Testo integrale: Mammà)

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Sentimentalmente è un vortice di passioni. Quello dell'amore è un universo nel quale ama volare, tanto fisicamente quanto idealmente, ma, soprattutto, romanticamente:

‘Sta notte nun è notte senz’ ‘e te,

e pure ‘o cielo chiagne ‘nzieme a me.

Voglio turna’ ‘a parlà’ d’ ammore.

Voglio turna’ ‘a senti’ ‘sto core.

‘Sta notte nun è notte a Marechiaro,

tra l’ onne affonna ‘a luce ‘e ‘na lampara,

stanotte nun è notte senz’ ‘e te,

‘na striscia argiento ‘ncielo parla ‘a me.

...

 

(Tratta da: “ ‘Sta notte nun è notte ”)

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Vincenzo non ama la vita priva di ostacoli, ama, invero, le circostanze problematiche e tutto ciò che costituisce una sfida. In amore e dai veri amici, pretende ciò che lui da: affetto, fiducia e fedeltà. Le manovre sleali, con lui, sono destinate al fallimento, poiché l'alto senso di onestà è per lui come una radar:

Nella mia mano i guanti,
la "fiamma" sotto il braccio,
andavo incontro al mondo,
onesto e con coraggio.
(Tratto da: Il Generale * Dedicata a Carlo Alberto Dalla Chiesa)

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Nella vita, Vincenzo, non opta mai per la strada più agevole, anzi per la più impervia, convinto che, come recita in alcuni suoi versi:

se cadi, ti rialzerai,

pronto ad andar veloce,

se ospiterai nell'anima,

il Cristo e la sua Croce;

(Tratto da: Una stella)

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Ha necessità di sensazioni forti, di sfide impossibili, onde poter tirar fuori quanto di meglio c'è in lui. Vincenzo possiede fascino, forze decisionale, magistero di meticolosa regia, intuito e capacità di analisi. Gli amici veri non sono molti, poiché ha simpatie ed antipatie molto viscerali, nonché un rigore critico ed analitico molto oggettivo e potente, che gli permette di selezionare immediatamente i suoi interlocutori, come risalta dai suoi versi:

Ci son persone che...
specchiandoti negli occhi,
trasmettono candore,
come la neve a fiocchi;

(Tratto da: Non servono le ali)

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I suoi più sopiti desideri inconsci trovano la loro sublimazione nell'arte dello scrivere e fanno di lui un eccellente scrittore dall'animo densamente umano.

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Che bello lavorare

 

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Che bello lavorare

Per la giovane Marirò, protagonista di quest'esimia opera narrativa, dal momento della sua assunzione presso un operatore di telefonia mobile, fino al cambio dei vertici aziendali, il percorso professionale sembra essere ammantato dall'alone dei migliori auspici. Quando, però, la nomenklatura dirigenziale viene sostituita, la fortuna volta le spalle a Marirò. Pur non essendo il caso della nostra protagonista, va comunque detto che, in molti casi, le vittime sono ex carnefici, vale a dire che, spesso, si tratta di persone che facevano parte di una cordata, ora non più in auge, che sono, in realtà, dei lupi con vesti di agnello...

(Adtendite a falsis prophetis qui veniunt ad vos in vestimentis ovium intrinsecus autem sunt lupi rapaces*Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci*Matteo 7.15)

... , semplicemente perché hanno perso i favori dei potenti o ex-potenti. I "caporali" sono, molto sovente (se non sempre), delle persone grette, di scarso acume e di ancor più scarse capacità professionali, ma che hanno una grande "dote", quella di essere degli "yes men", subdoli, ipocriti ed arrivisti, disposti a qualunque cosa, anche a vendersi l'anima, pur di "arrivare", appunto. Decimo Giunio Giovenale diceva:"Probitas laudatur et alget-L'onestà è lodata da tutti, ma muore di freddo". Credo che questo aforisma dipinga magistralmente ed icasticamente il forte senso etico di Marirò, nonché le conseguenze che da esso derivano, in un contesto sociale (in generale, in senso oggettivo) e professionale (in particolare, in senso soggettivo). E che dire dello spiccato magistero professionale di Marirò? Tempo fa, su un giornale, ho letto che alcune aziende americane, per taluni livelli di impiego, in sede di valutazione di test psico-tecnico-attitudinali, scartano a priori gli aspiranti che hanno dei titoli universitari. Il motivo? Il lavoratore di quel livello deve eseguire senza contestare. Ergo: meglio se non ne ha il potenziale intellettivo-intellettuale a priori, ma questa è una loro considerazione, pregiudizievole e discriminatoria. La nostra Marirò, verosimilmente ed inconsapevolmente, con le sue capacità professionali avrà suscitato invidia, gelosia e preoccupazione, non solo tra i colleghi, ma anche tra i caporali ed i dirigenti. Avere un subalterno che brilla per iniziativa ed intelligenza, può essere interpretato come un crimen lesae maiestatis. Nondimeno, come un'araba fenice, Marirò muore e rinasce dalle sue stesse ceneri, più bella e più forte di prima e questo deve dare forza e speranza a tanti lavoratori e lavoratrici che si trovano a dover subire vessazioni, retrocessioni, inique violazioni al contratto di lavoro, minacce ed emarginazione. Purtroppo, in ambito lavorativo, risulta spesso difficile dimostrare il mobbing in sede legale, poiché è altrettanto difficile trovare testimoni, sia per abietta paura sia per gretta convenienza. La meritocrazia è uno strumento aulico se usata con oggettività, altrimenti diventa un'ulteriore arma in mano al potere, nonché uno spietato "divide et impera", che conduce a "homo homini lupus". Tale assunto dell'uomo nello stato di natura è stato speculato e parafrasato nel XVII Secolo dal filosofo inglese Thomas Hobbes. Secondo Hobbes, la natura umana è essenzialmente egoistica e a produrre le azioni dell'uomo sono esclusivamente l'istinto di sopravvivenza e di sopraffazione. Ogni soggetto, animato dal suo più immanente istinto, tenta di arrecare pregiudizio agli altri e di eliminare chiunque sia di impedimento al raggiungimento delle proprie aspirazioni. Ognuno vede nel prossimo un nemico. Da ciò scaturisce l'individuo si trovi in un'incessante conflittualità interna, in un continuo bellum omnium contra omnes (guerra di tutti contro tutti), nel quale non esistono il torto o la ragione (che solo la legge può distinguere), ma solo il diritto di ciascuno su ogni cosa, anche sulla vita altrui. Vincenzo Russo usa un linguaggio dolosamente semplice e fluente, al fine di arrivare in maniera chiara, inequivocabile e diretta al cuore del lettore. "Che bello lavorare", ovvero un capolavoro letterario da non perdere, questo di Vincenzo Russo, che enfatizza vieppiù quella che è la situazione angosciosa di tanti onesti lavoratori e lavoratrici che soffrono e subiscono in silenzio.

(Libere considerazioni di Mauro Montacchiesi)

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Il Generale

(Di Vincenzo Russo)

(Libere considerazioni di Mauro Montacchiesi)

Critica

Vincenzo è permeato di un’energia fisica dinamica ed affascinante. Alla sua perspicacia nulla sfugge. Vincenzo non opta mai per la strada più semplice. Ha istanza di emozioni vibranti, di situazioni complicate che gli permettano di esaltare il meglio di sé. In virtù del suo magnetismo e del suo magistero decisionale è un ottimo e meticoloso regista. L'intuito e le capacità di analisi e di sintesi fanno di lui un acuto osservatore della realtà. I suoi aneliti più inconsci si sublimano e si reificano nell’Ars Scribendi, nell’attività poietica del suo spirito. Questa sintesi sulla personalità del Poeta Vincenzo Russo è necessaria come prefazione al tema da lui trattato nella poesia “Il Generale”. In questa lirica, dedicata a Carlo Alberto Dalla Chiesa, il Poeta proietta, subliminalmente, la parte più profonda del suo Es, della sua personalità più recondita, dei suoi aneliti, delle sue angosce. Il Generale sembra essere l’ipostasi allegorica dello stesso Poeta, di quel Poeta che lotta a favore della Legalità e della Giustizia, esponendosi in prima persona, proprio come il Generale e non è un caso che il Poeta abbia militato nell’Arma dei Carabinieri. Vincenzo, magistralmente ricorrendo all’Arte greca della “Prosopopea” (*), da voce al Generale, una voce più che mai umana e semplice nella sua quotidianità, con l’auspicio che l’alba sia foriera di una nuova sera:

Ero lì. Nel mio pigiama azzurro,
a scartare il regalo più bello. L'alba.
Sperando, di confezionarlo di sera,
quando una striscia d'argento,
attraversando i vetri,
illuminava fascicoli di mafia.

Una nuova sera in cui riposare sui capelli della sua Emanuela, in cui il profumo di Emanuela accompagna i suoi sogni di giustizia:

Riposare sui suoi capelli, Emanuela.
Il tuo profumo mi accompagna
nei sogni di Giustizia …

Mafia e Giustizia, due comuni denominatori, due ben validi motivi per i quali lottare e, soprattutto, vivere! Vincenzo avverte il presentimento del Generale:

Avverto un brivido. La fine.
Vorrei. Non posso cambiar giorno,
stasera partirò senza far più ritorno.

Il Generale, similmente al condannato a morte che chiede l’ultima sigaretta, esprime un desiderio:

voglio veder l'azzurro,
voglio sentire il sole sulla pelle.

E poi si inquieta con gli elementi e con la “sua” Palermo, rei di già sapere:

E tu … mare perché t' increspi?
Vento d'Africa non opprimermi.
Palermo, perché non parli?
Dimmi ti prego, so bene che tu sai"


Da Grande Carabiniere, nel cuore e nel lignaggio, il Generale intanto andava incontro al mondo:

Nella mia mano i guanti,
la "fiamma" sotto al braccio,
andavo incontro al mondo,
onesto e con coraggio.


Ma nel suo andare incontro al mondo, il Generale vorrebbe prendere da solo il treno del destino:

"Stasera scendo qui", alla fermata del destino;
medaglie sul mio cuore, stazioni del cammino.
Questo però è il mio … treno, voglio viaggiar da solo,
l'Amore mio non può, seguire il triste volo.


Ma il vero Amore non ha confini ed il Poeta risalta, con struggente pathos, il più sublime e divino sacramento d’Amore di Emanuela Setti Carraro:

"Ho respirato, perché tu respiri,
amato ciò che ami, vissuto perché mi parli,
pianto perché mi accarezzi.
Ho vinto, caro eroe, perché tu sei immortale,
è nella tua memoria, l'orgoglio degli onesti,
ovunque accanto a te anche se non vorresti.
Sei l' Arma, il tricolore, ti sposai per Amore".
"Ahhh …" "Shhh …” Silenzio Generale, andiamo a riposare.

Carlo, Amore mio, abbracciami ti prego,

ci sta aspettando Dio"

***

Conclusione

Ne “Il Generale”, Vincenzo si inebria di estetica, emancipa ogni suo più aulico afflato. Vergare questi versi, per Vincenzo, è una sorta di ascoliasmo tra fragore e silenzio, tra dire e non dire, è scrutare l'orizzonte della vita (soprattutto in quanto manicheismo con la morte) e tradurre in inchiostro le terebranti emozioni che ne derivano. Il suo pathos incoercibilmente gemma da evasioni dal subliminale, per una probabile auto-identificazione con il protagonista. I suoi versi sono trapunti di riflessioni germinate sotto un cielo di stelle (in attesa dell’alba) ed ognuno di essi ingloba un intero universo, da leggere e da interpretare. I suoi versi, talora, riverberano di "quiete eloquente". Vincenzo sontuosamente agghinda Carlo Alberto ed Emanuela di poesia, di Amore, di fusione con l'assoluto. Il Poeta esalta il sentimento d’Amore ingenito in questa lirica, come un belvedere che si schiude all’orizzonte, oltre le nebbie della realtà. Un Amore che pulsa come il mare, che respira, che sopravvive ad ogni tempesta. Vincenzo ci ha munificamente regalato un prezioso e fastoso Renoir del suo autentico e nobile spirito!

***

(*) Figura retorica per cui si introducono a parlare persone assenti o defunte, o anche cose inanimate, astratte, come se fossero presenti, vive, animate.

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Distrazioni di massa

 

***

Distrazioni di massa

(Autore: Vincenzo Russo)

(Commento breve di Mauro Montacchiesi)

*

Vincenzo è un’aquila selvaggia, una forza della natura! Vola, ali al vento, negli universi incontaminati, nei cieli vergini della sua gioventù, dove si rincorrevano, dove ancora spesso corrono e si rincorrono, i suoi pensieri, sulle ali dei desideri.

Veloci come il vento,

corrono i miei pensieri.

Aquile il giorno dopo,

sulle ali dei desideri

(Desideri)

Nella vita attuale, fotogrammi dell’anima, c'è ancora in lui qualcosa di selvaggio, il susseguirsi del gusto dei viaggi in lidi esotici, dell'avventura,dei grandi spazi... così come si susseguono, come il susseguirsi delle note, del pianoforte di Bach!

Fotogrammi dell’anima,

i più nobili rappresentanti,

come il susseguirsi delle note,

del pianoforte di Bach.

(I miei idoli)

Ha bisogno di aria, di movimento continuo, di cominciare sempre inusitate avventure che non ama, poi, portare a termine! Vale a dire: un incoercibile tornado esistenziale! E davvero ha bisogno di aria, di respirare, di ogni dolce profumo, di inebriare il proprio incoercibile tornado esistenziale, in una notte d’amore.

Respirare,

ogni dolce profumo,

inebriarmi,

in una notte d’amore.

(I verbi dell’amore)

È d’uopo quindi che Vincenzo apprenda a concentrare l'attenzione su un progetto alla volta, quid che aborrisce intimamente, poiché la sua vita, in gioventù , è stata come un romanzo a puntate, fino ai confini di un sogno.

Mi spinsi, illudendomi,

fino ai confini di un sogno,

inebriato dalla realtà,

il suo profumo al sandalo.

(Illusioni)

La grande lezione che sopraggiunge in questa fase della sua vita è la pazienza, l'attenzione al dettaglio , il dialogo con gli altri, la percezione dell’essenza della vita, dell’amore, di cui non si può stare senza.

Forse la vita

non è andata tutta persa.

Con le labbra sentirne l’essenza.

Si, di amare non si può stare senza!

(Concerto e cielo)

Naturalmente la vita di coppia è, per Vincenzo , come una pesante catena ai piedi, al punto di procrastinare la confessione del suo amore. E’ consigliabile che si trovi una compagna della vita dalle idee aperte e liberali. In caso contrario egli finirà per eclissarsi.

Forse un sogno,

di carezza svegliata,

forse un giorno, ti dirò

che t’ho amata.

(Immaginando)

Vincenzo deve stare attento a dove mette i piedi per non calpestare, anche senza volerlo, il suo prossimo. Spesso bisogna essere molto comprensivi con lui, inebriarlo di un amore fresco più della pioggia.

Fresco più della pioggia,

pungente di spine e rose,

che respirarle accanto,

l’amor nel cuore pose.

(L’essenza della vita)

Può diventare “troppo diretto”. Un retaggio della sua “selvaggia” gioventù! La vita isolata non gli si addice. Vincenzo deve fare uno sforzo ulteriore, perché possa conoscere sia il recto sia il verso della medaglia, perché diventi il simbolo della dolcezza.

Più volte il maestro, ai piedi della quercia,

si voltò, complimentandosi con se stesso,

per il lavoro compiuto.

Ecco, tu sarai il simbolo della dolcezza.

(Maela)

In gioventù ha acquisito una sensibilità innata per la natura, un'istintiva comprensione delle leggi del Cosmo, un’inusitata capacità di leggere nell’anima catturando le sue intenzioni. Oggi egli deve trasmettere la sua conoscenza agli altri.

Sfiorare la pelle,

gioire del suo profumo,

leggere nell’anima

catturando le sue intenzioni.

(Ricambierei)

L'energia, la vitalità, l'entusiasmo di Vincenzo provengono dalla sua fede profonda e dalla convinzione che la divina provvidenza non mancherà mai di assisterlo, e che la vita si rinnova.

“… la vita si rinnova”

(Alicudi)

Metaforicamente, Vincenzo ricorda Rasputin: ogni volta che i suoi esecutori inferivano un colpo che avrebbe annientato chiunque, lo si vedeva risorgere, sembrava quasi che fosse invulnerabile! Vincenzo, per risorgere, ha qualcosa in più rispetto a Rasputin: la sua tetragona fede nel Signore:

Signore ti prego, riaccendi la vita,

e lacrime e polvere a bagnarmi le dita,

nessuno che Tu può darmi risposta,

l’amore per me so quanto ti costa!

(Venti settembre duemila quindici)

Ma, seppur in tono diverso, Vincenzo ricorda anche Marcel Proust: una sensibilità estrema in conflitto con una società cinica, indifferente. Risultato: uno spirito libero attualmente, orficamente “ingabbiato”, consapevole che la sua potenza interiore lo proietterà inevitabilmente verso l’infinito, consapevole che la vita si rinnova, processo voluto da Dio.

Cristallino mare, schiumando a riva, leviga

millenni di lava, rinfresca eruzioni passate.

La vita rinnova, processo voluto da Dio.

(Alicudi)

*

Nella sua aulica e coinvolgente poetica, Vincenzo estrinseca la sua illibata anima ed il suo intenso estro, offrendo lirismi duttili ed incisivi, giungendo a frammentare la vita nel suo totale eclettismo. Nelle liriche, nel loro insieme, vengono concentrati sogni e desideri, a volte accarezzati in mistici, inavvertiti silenzi, a volte reificati in armonica energia. Vincenzo, con superno afflato, esalta (anche laddove non è palesemente riscontrabile) le gioie e le speranze, le illusioni ed i disinganni di una vita che fluisce inesorabilmente. Il magistero lirico di Vincenzo Russo, infuso di trasparente onestà, analizza ed investiga sul trascendente mistero dell’esistenza. La sua estetica lirica è intensa, dinamica, diafana. La pietra angolare di questa estetica è una discorsività che bada all’essenza, nell’elata ricerca di risposte esistenziali.

***<FINE>***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Publié sur e-Stories.org sur 23.08.2018.

 
 

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